Armand Xhomo, ha studiato all’Accademia di Belle Arti a Tirana dal 1985 al 1989. Ha lavorato come scenografo in vari teatri, tra quali , Teatro dell’Opera e dei Balletti di Tirana, Teatro di commedia di Tirana e Lushnje, Teatro Drammatico di Valona. L’altra importante esperienza alla TV nazionale. Successivamente ha ricoperto il ruolo di grafico pubblicitario dal 1991 al 2000 presso una importante azienda grafica. A compimento all’esperienza teatrale, la pittura di Xhomo trattiene un’attenzione speciale verso l’impianto grafico delle proprie opere, cariche di un dinamismo sintetico - probabilmente debitore alla scenografia di discendenza futurista - che si interseca con le figure antropomorfe in primo piano, che al contrario ci ricordano immediatamente la natura più mediterranea e sanguigna dell'autore.
Dal 2000 è libero professionista ed espone in varie mostre nazionali e internazionali tra cui Palazzo Pretorio, Palazzo di Parte Guelfa (Firenze), Ambasciata albanese a Roma, Museo di Campionissimi, Proponendo (Forte dei Marmi), Semplicemente roso (Carrara), Galleria Dea (Firenze), Lendinara(Rovigo), Galleria Grafic Design(Nashville Tenesse), Senegal, Art without Borders (Stavanger Norwey), Ministero dell’arte e Cultura di Tirana, Galleria e arteve Tirane, Museo della civiltà romana (Roma)Expo di Arte contemporanea di Genova, Expo di Arte contemporanea di Padova, Arezzo, Museo Ugo Guidi, Palazzo Medici Riccardi (Firenze), Celsea (New York), Noto (Sicilia), Affordable Art Fair Italy (Milano), International Art Fair 2013(Spoleto). Personale visioni di luce nel tempo (Manna d’Oro Piazza Duomo-Spoleto), Palazzo Laurenti. Ha fatto parte del movimento Neoluce e Rievoluzione, Palazzo Leti Sansi, Città di Pizzo. Biblioteca umanistica dell’Incoronata-Milano, Archivio Pria-Biella, Palazzo Bernabei-Assisi, Simboli art gallery – Firenze, Biennale internazionale di opere d’arte su carta-Torino, Stemperando (Museo storico nazionale – Tirana), Florence Mosiwa contemporary art (Palazzo Medici Riccardi), Stemperando (Villa Pamphili, Roma), L’arte e il tempo EXPO in città – MILANO 2015, (Palazzo dei Giureconsulti-Milano. Nell’arte di Armand Xhomo c’è una marea possente di colori che invade le sue opere, colori violentemente mentali, innaturali, immaginati da dentro il corpo, in un luogo certamente più vicino alla viscera che all’esattezza retinica dello sguardo, tuttavia questa irrealtà che irrompe è quasi un trucco, un velo; sotto si agita il disegno, il grado zero dello sguardo di Xhomo, il disegno come pragmatica forza primordiale, il tratto originario che delimita, creando, il bianco dal nero, l’esserci dal non esserci.
Le correnti che trascinano l’arte di Armando Xhomo sono molteplici. C’è una marea possente di colore che invade le sue opere, colori violentemente mentali, innaturali, immaginati da dentro il corpo, in un luogo certamente più vicino alla viscera che all’esattezza retinica dello sguardo.
Paolo Berti

L’enigma dell’arte vera trova il suo teatro e la sua trama all’interno delle tele di Armando Xhomo. Straordinario pittore, con efficacia viaggia all’interno di situazioni figurative, informali, astratte, importante artista nella rappresentazione creativa di temi sociali, politici, esistenziali.
Giammarco Puntelli

I quadri sono le nostre sensazioni più profonde, quelle registrate con forza nell'anima. Quando queste sensazioni emergono dal subconscio cercano di materializzarsi in tela.
Armand Xhomo

Poiesi artistica e sentimento
Le correnti che trascinano l’arte di Armando Xhomo sono molteplici e tutt’altro che lineari. Il colore ha certo una sua psicologia; porta con sé il dolore dell’espressività, della spudoratezza romantica, anche quando i toni si assemblano senza narrazione, ma alla ricerca formale è sostituita l’esigenza del segno, il graffio asciutto sul nero che si dinamizza. È un esigenza urgente ma mai incontrollata; non appartiene ad Armando la retorica della “sregolatezza d’artista”, quel luogo comune che porta l’istintività ad essere riconosciuta solo attraverso un codice metastorico di regole da rompere formalmente, Xhomo ha invece il grande pregio di filtrare attraverso la ragione la grande polifonia del suo immaginario, quell’alfabeto impulsivo che grazie a ben selezionati ricordi accademici prende forma concretamente. Lascia il magma pre-linguistico dell’istinto e diventa parola. Questo è evidente soprattutto nei grandi soggetti che dominano alcune opere come i tori o le figure femminili ma anche in piccoli dettagli che solidificano, tematizzano l’impianto pittorico.
Allontanando l’occhio dai problemi della tecnica e della materia l’opera di Armando Xhomo assume tratti particolarmente malinconici, solo parzialmente sopiti dalla veemenza del segno: tori che s’incornano oppure sovrastati da pesanti macigni senza lasciare spazio a nessuna comunicatività, grattacieli come lapidi del sociale, ombre giacomettiane costrette a crescere sulla nuda pietra, donne sole dove anche un lieve erotismo viene raffreddato in una dimensione onirica e beffarda, o ancora più sintomatici quei veicoli in movimento che abbandonano l’entusiasmo meccanico futurista (seppur mantenendo una traccia in quel cubofuturismo evidente in diverse soluzioni) per diventare quasi il loro rovescio, bastioni metallici che solcano la sfera pubblica senza nessun sentimento ambientale, lasciando dietro di sé solamente una scia di incomunicabilità, di routine, di processi continuamente ripetuti, costringendo l’uomo a rincorrere la propria dimensione originaria.

Un uomo che deve sottostare alla produzione esasperata di nuovi significanti che lo scavalcano, la caduta dal cielo dell’identità umana, che sembra un volo ma che in realtà abbandona la poesia davanti alla prosa dell’aeroplano che riesce invece, nella sua indifferenza artificiale, a mantenersi in quota.
E così il treno che non accenna ad arrestarsi se non dietro gli ordini del semaforo o l’inconcepibile paesaggio metropolitano che non empatizza con le sofferenze della donna in primo piano, in un non-luogo dove neanche la forza primordiale di una croce rovesciata riesce a scuotere i tracciati battuti dell’esistenza contemporanea.
Un mondo talvolta cupo, dove la figurazione spesso “centralizza” l’opera, attira verso di sé, e non soltanto lo sguardo dell’osservatore ma anche i segni, i colori, la luce residua.
Non c’è scampo alla risoluzione del tema, il problema, che sia conoscibile o solo accennato o anche chiuso nell’ermetico (del resto l’arte non ha bisogno di spiegarsi per essere legittima) è tuttavia sempre presentato, non c’è modo di svincolarsi sul dettaglio, non è possibile farsi rassicurare da ulteriori piani linguistici, far cadere l’attenzione altrove.

L’enigma dell’arte vera trova il suo teatro e la sua trama all’interno delle tele di Armand Xhomo.
Straordinario pittore, con efficacia viaggia all’interno di situazioni figurative, informali, astratte, importante artista nella rappresentazione creativa di temi sociali, politici, esistenziali, L’arte nasce dalla riflessione, dallo studio, dalla sofferenza e il maestro Xhomo conosce e declina un paradigma che mai si ripete se non per preparare una successiva evoluzione alla ricerca di quella libertà che consente di trovare pensieri di vibrazioni diverse e di fare anche di un frammento di una sua opera un’entità pittorica e artistica autonoma nella quale l’istinto si coniuga con la tecnica, la disciplina e la pratica. Nel lavoro di Armando Xhomo la realtà pittorica da idea creativa si evolve in visione concettuale per diventare arte vera.
Giammarco Puntelli
Armando Xhomo riscopre la deformazione di una realtà come modo di racconto nell’arte e, come Picasso, ricerca il punto di equilibrio fra la trasmissione di un messaggio legato all’emozione e l’indicazione, attraverso l’uso dei simboli e una lettura a più livelli dell’opera, di un pensiero filosofico.


Emozione viscerale e incontaminata
I quadri sono le nostre sensazioni più profonde, quelle registrate con forza nell’anima. Quando queste sensazioni emergono dal subconscio cercano di materializzarsi in tela: Un legame invisibile nato interiormente si materializzerà fisicamente.

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